La pittura Implacabile di Jan Michalak

La Pittura implacabile di

Jan Michalak

con testo della curatrice Beata Drzewiecka

 

Un occasione unica per comprendere la pittura implacabile nella sua migliore espressione.
Un dono di Jan Michalak a LaPortaBlu e a Roma (Roma sei tu!..).
Io gli avevo chiesto di esporre le sue opere con coerenza e lui mi ha scritto sulla sua coerenza operativa…..va bene cosi, è l’intenzione che da forma e sostanza a l’azione.
Tutte le sue opere dialogano le une con le altre attraverso un solido filo di genialità.
Jan Michalak è un genio e come tale va dritto per la sua strada fregandosi altamente delle tante mediocrità che “l’arte contemporanea” ci propone da un po di tempo a questa parte!….
lui sa che solo cosi può entrare nell’Olimpo degli dei.
Gli dei sono dei fottuti individualisti e dialogano soltanto con i loro simili….e per questo dobbiamo diventare anche noi degli dei.
Si comincia per essere divini, poi viene il resto….
Per il momento sta con noi mortali e ti invito a vedere la sua mostra e a conoscerlo personalmente.
E’ molto simpatico e autentico…ne vale la fatica di venire, nonostante il traffico, parcheggio, buche e tanto altro che fa del vivere a Roma una quotidianità spesso difficile da gestire senza stress…
Ti offriamo del buon vino per far diventare la tua visita un evento straordinario insieme alle opere di Jan…..grazie

 

 

“l Tenente del Papavero Maggiore”

di Jan Michalak

 

Mi chiamo Jan Michalak e vorrei far conoscere meglio me e la mia pittura.

Il Quadro.
Come crearlo ex novo, dal nulla, attenersi alla coerenza e ottenere il pieno equilibrio? Io credo che nell’arte esistano delle regole. Nei miei dipinti ci sono almeno tre livelli di coerenza.
Il primo livello – primitivo, forse il più importante, è la formazione della sostanza composta da quattro particelle principali. Mescolando questa sostanza, combinando le particelle insieme, con la regola giusta, si ottiene l’essenza–sostanza    multicomposta che si mette sulla superficie del quadro; questa serve nella seconda fase per ottenere la forma.
Si manipola dentro l’essenza fresca e ancora cruda, cambiando proporzioni e relazioni delle particelle e così crescono le forme.
Bisogna legarle ora con i significati, come se assomigliassero agli oggetti ed alle forme riconoscibili del mondo visibile.
Procedendo cosi si formano lentamente oggetti di strana, doppia natura, che uniscono, legano le forme, che vengono dalla sostanza – essenza, con le idee del mondo invisibile, ci collegano con quelle, ci inviano ai significati: basta aprire gli occhi, accendere la mente e seguirne i fili invisibili.
Questa è la doppia realtà della pittura, la relazione segreta tra essenza – sostanza e mondo invisibile delle idee.
Così compaiono vari oggetti: mani, teste, corpi, frutta, verdura, bottiglie, uova, manufatti.
Bisogna legare questi oggetti tra loro ,e combinare le loro    forme di doppia natura e di funzione significante.
Procedendo cosi, mentre costellazione e costituzione delle cose si fanno sempre più dense e composte, il quadro può, ma non obbligatoriamente deve , iniziare a narrare, a raccontare una storia.
Qui compare la funzione metaforica del quadro: ciò che si vede porta la mente al di là.
Cosi stiamo sulla porta principale del terzo livello-strato della coerenza del quadro: la narrazione.

La storia di una casa sulla montagna con la finestra aperta su letto del fiume;

La storia di un uccello antico che attraversa il fiume con la barca;

La ragazza dell’ albero che appare dal nulla;

Il Tenente del Papavero Maggiore che con il suo tocco fa cambiare la mente creativa.

Ha la forza di farla accendere o spegnere. Non si sa mai quando la porta è aperta e lo spazio fertile, o chiusa senza l’etere nello spazio vuoto. Non si sa mai quando viene il tocco, ma bisogna intuirlo e intercettare le idee mentre passano;

Quel tenente ha anche un altro potere: la forza dell’oblio.

Tornando allo studio delle sostanze composte e oggetti pittoreschi, si scopre l’esistenza di un quarto piano-strato della coerenza all’interno del quadro.
Le relazioni dentro le forme e tra le forme possono restare in equilibrio e preservare un alto grado della coerenza, anche essendo internamente controverse ed opposte.
Quando la regola di identità, la regola base della logica viene abolita, l’intero universo in modo bizzarro cade in disordine. Possono apparire forme strane, atipiche e irregolari che ci rimandano a significati sbagliati, doppi o tripli, oppure anche le forme che a prima vista sembrano piene, ma che ci riportano a mete non esistenti, quindi prive di significati.
Cadono giù le ultime barriere, e niente più ci impedisce di imparare a parlare la lingua dell’estasi pura.

Jan Michalak

 

Beata Drzewiecka  

Curatrice della mostra

 

“Davanti a un’opera d’arte bisogna comportarsi come di fronte a un principe, e mai prendere la parola per primi. Altrimenti, si rischia di sentire soltanto la propria voce. “ (Arthur Schopenhauer)   

Jan Michalak è un pittore polacco nato a Kazimierz Dolny, vicino al fiume Vistola. L’intimo legame con la sua terra, i cui elementi  e colori,  rappresentano il fattore fondamentale attraverso il quale l’irrazionalità del suo essere pittorico trova un legame credibile ed affascinante con la quotidianità che intende rappresentare.   

La struttura della sua pennellata, la complessità nella lettura e nell’organizzazione delle forme, ci restituiscono l’articolata vivacità culturale che caratterizza i movimenti pittorici est europei del nuovo millennio;  i suoi colori ed il loro contrasto enfatizzato,  proposti con una stesura immediata e volutamente incompiuta,  testimoniano la capacità di Jan di cogliere l’essenza dei suoi soggetti e di esprimere la consapevolezza che la quotidiana emozione di fronte al mistero della vita può essere descritta attraverso il loro assoluto valore.   

L’arte di Jan è prevalentemente improntata alla grande capacità descrittiva della natura. Sono immagini di grande impatto visivo che in alcune opere richiamano anche lo stile ottocentesco.  L’artista è ispirato da un innato senso poetico, che rende le sue raffigurazioni romantiche e scolpite nel tempo da un virtuale viaggio della memoria. Sensibile agli scenari che si presentano al variare, Jan è un attento osservatore di queste evoluzioni, cui sa dare cromatismi appropriati e spettacolari.      

Beata Drzewiecka