I tuoi morti di Paolo Di Noto

I tuoi morti sono i miei morti. Davvero spari ancora? I miei morti sono i tuoi morti. Butta il fucile. Nelle loro orbite vuote non vortica più la luce del giorno ma un filo d’inchiostro che eternamente scrive il libro del buio, che eternamente infittisce di segni neri pagine screpolate di cieli spenti che leggeranno solo i masticatori di sudari. Segni neri che sono passi d’uccelli che non spiccheranno più il volo, semi neri che gettati sulla pietra non daranno più alcun frutto. Vorticano nelle orbite vuote dei tuoi morti – dei miei morti – spirali klimtiane senza l’oro di Klimt e nelle orbite nere di bambini rimasti bambini per sempre spirali di liquirizie senza fine che sono belle calligrafie che si attardano sui quaderni di una notte a quadretti, raccontando di bocche mute che tacciono canti di sirene e leggende di unicorni, di mani pietrificate che perdono il filo dell’aquilone, di occhi sui quali troppo presto si è chiuso il sipario del mondo. Dov’è andata la luce? Cosa è rimasto di tutta quella luce? Mi incendiava il volto, la luce del giorno. Mi faceva brillare le ossa. Mi accendeva di vita e bruciava. Tutto quell’ardore che crepitava come un falò di feste e balli è ormai solo debole cenere, memoria di carbone.

Davide Cortese