Marco Bernardi “Black Flag” 06.03.2010

Marco Bernardi presenta negli spazi della Porta Blu Gallery un’installazione che verte sul tema della non-resa del quotidiano, ovvero sulla dignità del tempo dell’attesa.
Parlando di tempo dell’attesa si intende qui definire tempo passato senza la speculazione sopra di esso. Si tratta, altresì, di lavoro svolto senza intenzione, trovato quasi distrattamente, sovrappensiero; inteso infine come immagini e intuizioni che si affacciano e vengono all’artista quasi come per insegnare qualcosa.

Se la bandiera bianca è comunemente la resa, in momenti in cui i grandi ideali e con essi le grandi battaglie sembrano non esserci più, la bandiera nera vuole significare la non-resa. Rappresenta quindi la contemplazione quotidiana, un momento di recettività.
Tutto appare immobile, sembra fermo, ma non si tratta di resa: quello che succede nello studio è invece l’attenzione ai percettibili segni che arrivano dalle cose e dal quotidiano, dai ricordi che si presentano con una nuova forma attuale (attualità): lo scorrere del tempo che diventa un alleato, un mentore.

Anche nell’assenza della battaglia nessuno è arreso
Non combattendo dunque la battaglia non si manifesta, ma è lo studio dell’artista, l’attesa degli eventi, la pazienza della vita, il tempo rubato ai segni.

Quello che accade è che i simboli e i segni, ovvero il lavoro non ancora lavorato, ti viene a cercare, ti incontra. Questo incontro sono le idee, segni e simboli appunto, ma che lavorano con carattere simbiotico (sono, diventano lo studio) ed effimero (passano) sullo studio stesso. Gesti passeggeri di quotidiano trascorrere, attese, cose e momenti che svaniscono, che sembrano svanire: solo la retina acquisisce il carattere fugace di quello che accade e lo trasforma in lavoro, in impressione più che in espressione.
L’elaborazione della percezione equivale quindi al lavoro artistico, non solo e non tanto in quanto discorso sopra, speculazione, bensì in quanto struttura: cattura delle immagini, solidificazione di esse. Quello che si ottiene è una sorta di eternamente transitorio, di definitivamente effimero; ossia l’incontro casuale e continuo con le cose della vita, con lo scorrere stesso che esse hanno, che si trasforma in immagine intuita, percepita e catturata: in installazione.

Fabrizio Pizzuto