Daniela Mastrangelo&Dyer Fieldsa ”Mshkiki” 12.8.2012

Mshkiki : strength from the earth

”Mshkiki” is also made up by two words. The first part Mshki comes from another word, which means strength, or something that is strong. The second part ki means the earth. So, when we say and use this word we
are saying –
strength from the earth.”

Daniela Mastrangelo & Dyer Fieldsa

Seguendo le tracce delle tribù degli Indiani d’America degli ANISHINAABE, l’artista livornese Daniela Mastrangelo e il pittore americano Dyer Fieldsa hanno creato a quattro mani Mshkiki, un grande dipinto di 2 x 3 metri che riprende in chiave contemporanea la leggenda dei “Seven Teachings”, un’antica storia che narra del dono alla popolazione indiana di 7 insegnamenti morali dati da 7 spiriti “Seven Granfhater”, personificati in 7 animali. Daniela Mastrangelo e Dyer Fieldsa hanno condotto un’indagine sull’immaginario collettivo della tribù degli ANISHINAABE, documentato nel National Museum of the American Indian in Wash D.C., e sulla tradizione di una tribù che ha trasmesso ai posteri un ricco bagaglio di simboli e una visione positiva della civiltà, retta da un’etica morale del rispetto e della
pacifica convivenza degli uomini sulla terra.
Sia Daniela che Dyer sono cresciuti nel clima culturale degli anni ’80 e inizio ´90, dominato dal graffitismo in America e dal citazionismo in Europa. Non è un caso che lo stile di Mshkiki richiami alla mente la Urban Art e sopratutto il lavoro di Jean Michel Basquiat, l’interprete americano della seconda generazione della Beat Generation e dei primi graffiti di New York, memori della Pop art di Andy Warhol, del Jazz e della musica di Peter Parker. Se J. M. Basquiat amava mescolare scritte con un citazionismo colto quanto astorico, riprendendo in stile picassiano, segnico e pop, fatti di cronaca di
New York, allusioni alle lotte afroamericane contro le discriminazioni raziali; Daniela e Dyer si ispirano alla Urban Art ma vi uniscono altri generi, come la fotografia, e piuttosto che cogliere frammenti caotici della realtà, preferiscono ricomporli in una visione unitaria che guarda alla storia.

Lo stile eclettico di Mshkiki riflette in realtà la diversa formazione artistica dei due artisti: Daniela Mastrangelo ha iniziato la sua ricerca con la sperimentazione di materiali su diversi supporti e con l’interazione della fotografia con la pittura e la cera, lavorando sulla sensazione e sulla visione del corpo diffuso. E’ passata dalla rappresentazione della percezione del proprio corpo ad un’indagine antropologica e culturale delle diverse caratteristiche dell’individuo nella società odierna. Dyer Fieldsaè cresciuto invece nella zona industriale di Pittsburgh (USA), dedicandosi al graffitismo, allo stencil, alla pittura e alla poesia. Dal 2003 si è concentrato sopratutto sulla pittura narrativa, traendo spunto dalla vita quotidiana ha rappresentato scene urbane popolate da scritte, uomini, animali, macchine e personaggi robotizzati.
Dall’incontro in America di Daniela e Dyer è nato dunque il progetto Mshkiki, un assemblaggio di 6 opere dipinte che segue la successione e la ritualità della leggenda “Seven Teachings of the Anishinaabe”.
Invece del contesto metropolitano gli autori richiamano alla tradizione indiana, ad una realtà altra, ad una civiltà perduta. Su uno sfondo urbano sfumato, reso con un collage di stampe fotografiche, sono dipinti in maniera ammiccante le personificazioni di 6 virtù morali che seguono i 7 insegnamenti donati all’umanità dagli spiriti per vivere in armonia e giustizia con il mondo. Ogni virtù corrisponde ad un animale: la Sapienza / il castoro, l’Amore / l’aquila, il Rispetto / il bufalo, il Coraggio / l’orso, l’Onestà / l’uomo, l’Umiltà / il lupo, la Verità / la tartaruga. L’iniziato scelto dagli spiriti è un bambino che con la sua purezza è capace di apprendere, di mantenere la connessione tra il mondo spirituale e quello fisico e di trasmettere quindi alla collettività gli insegnamenti. L’opera rappresenta un ammonimento ma anche un modello di valori che andrebbe ancora oggi preservato. Gli artisti rappresentano solo 6 animali narrati nell’antica leggenda; ne omettono volutamente uno: l’uomo, il simbolo indiano dell’onestà, lasciando così che sia lo spettatore stesso a intraprendere e magari terminare il lungo percorso iniziatico.

Susanna Horvatovicova