Carlo Pecoraro “Copper, internet and going around” 03.02.2011

Copper, internet and going around

Carlo Pecoraro
a cura di Fabrizio Pizzuto e Giulia Zamperini

e un ringraziamento particolare a Roberto Pace

Il lavoro di Carlo Pecoraro si focalizza sulla possibilità di raccogliere in un unico spazio, con continuità e senza antagonismo, due modalità di rappresentare la dimensione del reale.
Il soggetto che attirerà lo sguardo dei visitatori è il paesaggio urbano: luoghi vissuti, inesplorati, o per lo meno desiderati. L’indeterminatezza temporale e non solo geografica che le immagini suggeriscono, rende chi guarda facilmente suscettibile a una perdita di orientamento.
Il reale si introduce nell’immaginario dell’artista, i luoghi emergono dalla possibilità del ricreare, seguendo una personale e intima percezione, e attraverso l’utilizzo e l’accostamento di due tecniche di rappresentazione appositamente scelte.
Alla possibile reinterpretazione del reale sussegue quella della tecnica, attraverso una personalizzazione della modalità di intervento su un materiale così antico, ma ancora così usuale, qual è il rame.
Lo scorrimento accelerato, quasi isterico, delle inquadrature del video rende gli spazi dinamici, riduce gli intervalli vuoti, genera ritmi incalzanti, allo stesso modo di come la modernità ci induce a vivere oggi. La velocità del tempo nelle immagini sembra in fondo voler riecheggiare la dinamicità del nostro tempo e Pecoraro ce lo mostra con l’approccio dell’osservatore moderno, spingendoci a stare al passo con la sua visione estetica della realtà.
Con la sensazione di vedersi riflessi su uno specchio, ci si trova inconsciamente spronati a controllare i propri spostamenti e a sentirsi parte di un unico gioco con le immagini. Va delineandosi la natura camaleontica dei due mezzi espressivi: la facciata del televisore evoca la superficie levigata e riflettente del rame e mentre il video sembra prendere la forma di una lastra in movimento le lastre somigliano più a delle istantanee del video. Dinnanzi a esse il tempo si arresta, lo spettatore non è persuaso ad assorbire con impellenza le immagini, ma a meditare più su di esse.
Silente ma costante è il rimando a questa dualità tecnica e temporale, così come al modo di approcciarsi ad essa.