Carlo Pecoraro “NDD 1.0” 10.03.2012

Un Dipinto Uno. Carlo Pecoraro “NDD 1.0” Marzo 2012

“Il giovane Narciso scambiò la propria immagine riflessa nell’acqua per un’altra persona. E questa estensione speculare di se stesso attutì le sue percezione fino a fare di lui il servomeccanismo della propria immagine estesa o ripetuta (…) Si era conformato all’estensione di se stesso divenendo così un circuito chiuso.” M. McLuhan

Anche il Narciso di Carlo Pecoraro deriva da narcosis che significa torpore, ma oppone un’obiezione: non si intorpidisce innamorato di qualcosa che non sa essere se, bensì si stordisce inebriandosi di una ripetizione estatica e mediata del se.
Il Narciso digitale di Pecoraro prova un gioco di specchi e compie egli stesso l’operazione di rifrazione: diviene egli volontariamente il circuito che si chiude ma su più livelli e scientemente. O almeno così dobbiamo supporre.
Potremmo pensare altresì ad una trappola della ninfa Eco.
La telecamera lo riprende e lo proietta, egli si guarda, si vede estendersi, si inganna sapendosi ingannato, infine si moltiplica nei supporti. Narciso si trasforma in prototipo digitale e in estensione pittorica nel medesimo tempo: si frastuona, si arretra per meglio guardarsi, si intorpidisce di se.
Non un innamoramento ebete, non la visione estatica, direi che somiglia più alla ripetizione unica che stanca e affatica: visione che inebria, capitalizza, mercifica e rende immortali.
Narciso il cui ritratto non invecchia: quasi un dandysmo alla Oscar Wilde (solo che Dorian Gray più che amarsi si preservava, forma d’amore ossessivo mi si obbietterà, ma drammatico, da drama acta, messa in scena di un’azione). Intonso Narciso invece si circonda di se. Forse sfugge alla ninfa Eco ma a lei si consegna in copia. Copia di specchio, copia moltiplicata. Copia di coppia del se.

Fabrizio Pizzuto